VIAREGGIO. Martedì 22 gennaio alle 11 al Tribunale di Lucca, via Galli Tassi 61, si terrà l’udienza per la reintegrazione del ferroviere viareggino Riccardo Antonini licenziato dalle Ferrovie dello Stato il 7 novembre 2011 per non avere rinunciato all’incarico di consulente gratuito della Cgil e dei familiari delle 32 vittime della strage ferroviaria del 29 giugno 2009. Alle 10.30 è fissato, di fronte al Tribunale, un presidio organizzato dai rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime “Il Mondo che vorrei”e “Assemblea 29 giugno”.

“Da una parte abbiamo Mauro Moretti – scrivono dalle associazioni – amministratore delegato di Ferrovie, prima indagato ora imputato (la Procura di Lucca ne ha chiesto il rinvio a giudizio): 32 vittime, feriti gravissimi, un quartiere distrutto, la politica ferroviaria che ha accelerato i processi di ristrutturazione, liberalizzazione e privatizzazione che hanno distrutto il carattere sociale e pubblico delle ferrovie arrivando a penalizzare sempre più la sicurezza e la salute.

Dall’altra parte abbiamo invece Riccardo Antonini licenziato da Moretti per non essersi piegato alle intimidazioni ed alle minacce di cessare immediatamente la presenza e l’impegno  nell’incidente probatorio per la ricerca della verità e delle responsabilità e con la falsa e pretestuosa accusa di aver impedito a Moretti di parlare alla Festa del PD del 9 settembre 2011 a Genova, fatto per il quale è indagato con altre 24 persone.

Può apparire un paradosso, ma questa è la realtà: Riccardo licenziato per la sicurezza e la verità, Moretti ancora Ad delle ferrovie per essere imputato nella strage di Viareggio.

Se si analizzano questi fatti, è chiaro che il licenziamento di Riccardo è il prodotto della mobilitazione che si è sviluppata in seguito alla strage. Riccardo è  stato colpito per il ruolo che ha svolto e svolge, perché incarna la denuncia, l’organizzazione, l’unità con i familiari (che si costituiranno parte civile), il coraggio e la necessità della mobilitazione. Il licenziamento di Riccardo è un atto che non è rivolto solo contro di lui, ma è un gesto irresponsabile e di profonda inciviltà nei confronti di quanti vogliono continuare la battaglia per sicurezza, verità e giustizia, nel processo e nei luoghi di lavoro”.

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